Il controverso obbligo di pagamento con Pos ha un impatto soft sulla normativa antiriciclaggio, infatti l’articolo 49 del d.lgs 231 del 2007, sugli adempimenti relativi all’uso del contante, stabilisce che è vietato il trasferimento a qualsiasi titolo di denaro contante o strumenti al portatore per importi pari o superiori a 1000 euro. Si è pensato ad un divieto assoluto del contante, o quantomeno fino ai 30 euro, dato che la legge prevede l’obbligo di dotarsi di Pos per garantire ai clienti pagamenti con carte bancomat e prepagate (non di credito, poiché si parla di strumenti che funzionino «previo deposito di fondi in via anticipata da parte dell’utilizzatore») dai 30 euro in su. Inoltre, per i liberi professionisti contabili e legali, obbligati dalle norme antiriciclaggio alla cosiddetta “adeguata verifica” e alla registrazione di rapporti ed operazioni occasionali pari o superiori ai 15.000 euro su registro cartaceo dedicato, resta comunque l’obbligo della prima, mentre la registrazione dei pagamenti avverrebbe solo per somme pari o superiori ai 15.000 . Un problema invece ben più serio potrebbe porsi nel momento in cui il cliente voglia usare il Pos ma frazionare il pagamento in più tranche. Se l’acconto non supera i 1.000 euro, si potrà pagarlo in contanti. Ma il saldo dovrà avvenire per forza con Pos o assegno o bonifico, in quanto – trattandosi della medesima operazione, consulenza o rapporto continuativo che dir si voglia – se il cliente versasse dell’altro contante, superando il limite suddetto, potrebbe incorrere nel «cumulo» di cui sempre all’art. 49, comma 1, della legge antiriciclaggio, che usa l’avverbio «complessivamente».